giovedì 23 maggio 2013

Le elezioni si avvicinano e i prigionieri politici in congedo vengono richiamati in carcere


L’ingresso del carcere di Evin a Teheran
A poche settimane dalle elezioni presidenziali del prossimo 14 giugno, le autorità stanno richiamando in carcere molti prigionieri politici che erano da tempo in congedo.
Sabato scorso, 18 maggio, hanno fatto ritorno nella prigione di Evin (Teheran) il giornalista Masoud Bastani
Masoud Bastani con la moglie Mahsa Amrabadi
e il blogger a attivista per i diritti umani Hossein Ronaghi Maleki. Quest’ultimo aveva usufruito di un permesso per ragioni mediche a causa di seri problemi ai reni e alla vescica, dopo avere scontato 32 mesi della sua condanna a 15 anni di detenzione. Bastani, che deve scontare 6 anni di pena, aveva ottenuto un periodo di congedo a marzo, in coincidenza con il capodanno persiano (il Nowruz), dopo tre anni e mezzo trascorsi in cella.
Hossein Ronaghi Maleki
Stando a quanto riporta il sito web Mizan Khabar, sono stati richiamati a Evin anche Bahareh Hedayat, attivista del movimento studentesco (9 anni e mezzo di condanna), e i giornalisti Ahmad Zeidabadi (6 anni) e Bahman Ahmadi Amouee (5 anni).
Bahman Ahmadi Amouee
Lo stesso sito afferma che, dopo la candidatura di Hashemi Rafsanjani alle elezioni presidenziali, le pressioni sugli attivisti politici sarebbero aumentate.
Bahareh Hedayat
Tutti i prigionieri politici richiamati in carcere in questi giorni vennero arrestati nei giorni o nei mesi immediatamente successivi alle elezioni del 2009.

mercoledì 22 maggio 2013

Arrestato l’ennesimo pastore cristiano in iran! adesso basta!!!

roubert-Asserian-aog
RICEVIAMO E DIFFONDIAMO: DALL’IRAN CI E’ GIUNTA LA DISPERATA RICHIESTA DI AIUTO DELLA COMUNITA’ CRISTIANO EVANGELICA, QUOTIDINAMENTE PERSEGUITATA DAGLI AYATOLLAH. QUESTA VOLTA, NELLE MANI DEGLI SGHERRI DEL REGIME E’ FINITO IL PASTORE ROBERT ASSERIYAN, MEMBRO DELLA CHIESA EVANGELICA DELLA CAPITALE TEHERAN.
GLI AGENTI SI SONO RECATI PRIMA A CASA DEL PASTORE ASSERIYAN PER  ARRESTARLO, MA NON LO HANNO TROVATO. OVVIAMENTE, PURTROPPO, NON SI SONO FERMATI E SI SONO RECATI DIRETTAMENTE NELLA CHIESA EVANGELICA  DOVE IL PASTORE ASSERIYAN OFFRE I SUOI SERVIZI RELIGIOSI. SENZA PUDORE SONO ENTRATI NELLA CHIESA ENTRATI E HANNO IL PASTORE CRISTIANO PROPRIO MENTRE DICEVA LA MESSA.
IGNOTA LA LOCALITA’ DOVE E’ STATO TRASPORTATO. ROBERT ASSERIYAN E’ DI UN GIOVANE PASTORE EVANGELICO DI ORIGINE IRANO-ARMENA. DI PROFESSION E’ ANCHE PSICOLOGO , AUTORE DI TESTI E TRADUTTORE. NELLA CHIESA EVANGELICA DI TEHERAN OPERA COME  ANCHE COME INSEGNATE.
VI CHIEDIAMO DI DIFFONDERE LA NOTIZIA, DI DENUNCIARE E DI PROTESTARE.
BASTA CON LA PERSECUZIONE DEI CRISTIANI IN IRAN E IN TUTTO IL MONDO

mercoledì 15 maggio 2013

Prigioniero politico curdo trasferito in una località segreta: è a rischio di esecuzione


Habibollah Golparipour, un prigioniero politico curdo nel braccio della morte, è stato convocato dagli ufficiali della prigione centrale di Semnan lo scorso 9 maggio e informato del fatto che doveva prepararsi al trasferimento in una località segreta. Lo ha riferito una fonte locale a International Campaign for Human Rights in Iran. Golparipour non è stato informato delle ragioni del trasferimento.  Secondo la fonte, considerato il fatto che la condanna a morte del prigioniero politico è stata portata a termine dalla Corte Suprema, c’è la preoccupazione che la sua condanna possa essere resa esecutiva immediatamente. 
In un’intervista rilasciata a Campaign for Human Rights in Iran, un membro della famiglia di Golparipour ha confermato queste notizie e ha aggiunto che Habibollah ha chiamato la sua famiglia lo scorso 9 maggio e, durante la breve telefonata dalla prigione centrale di Semann, ha riferito che doveva fare le valigie e prepararsi a essere trasferito il 10 maggio.
La famiglia del prigioniero politico ha detto che Golparipour non conosceva le ragioni del trasferimento né il luogo e i loro tentativi di avere maggiori informazioni sulle sue condizioni sono state infruttuose. La sua famiglia non è in grado di affrontare lunghi viaggi come quello dalla loro residenza di Sanandaj nella provincia del Kurdistan a Semnan.
Le forze dell’Intelligence di Mahabad hanno arrestato Habibollah Golparipour il 27 settembre del 2007, appena fuori Mahabad e l’hanno portato nei centri di detenzione a Mahabad, Orumiyeh, and Sanandaj. Fonti vicine alla sua famiglia hanno riferito a Campaign for Human Rights in Iran che durante la detenzione è stato “soggetto alle peggiori torture fisiche e psicologiche, al punto che un braccio e una gamba sono stati rotti durante le torture”.  Il prigioniero è stato poi trasferito nella prigione di Mahabad e condannato a morte dalla sezione 1 della Corte Rivoluzionaria di Mahabad il 14 marzo del 2010, in un processo della durata di un minuto, con le accuse di “appartenenza al PJAK” il Partito della vita libera del Kurdistan
Golparipour ha iniziato il 12 maggio 2010 uno sciopero della fame di 15 giorni per protestare contro la sua condanna a morte.  Tuttavia, la sezione 31 della Corte Suprema ha confermato la sua condanna.
In una lettera aperta del marzo 2012, Habibollah Golparipour ha scritto delle torture fisiche e psicologiche che ha subito nei centri di detenzione dell’Intelligence di Orumiyeh e Mahabad.
“Nel corso della mia lunga detenzione e delle torture fisiche e psicologiche, sono quasi morto. Ho accumulato rabbia nello spiegare i dettagli e ho scritto  a varie organizzazioni governative, ma in questo paese le nostre voci non riescono nemmeno ad attraversare le celle della prigione” ha scritto Golparipour.
Secondo le fonti vicine a Habibollah Golparipuor, il prigioniere è stato trasferito alla prigione centrale di Orumiyeh il 3 dicembre del 2010 e il 15 marzo 2012 è stato brutalmente trasferito dalla prigione di Orumiyeh alla prigione centrale di Semnan, dove è stato ospitato tra i criminali comuni.

lunedì 13 maggio 2013

Iran: sei detenuti giustiziati ed un giovane di 24 anni fustigato in pubblico


Massiccia repressione e arresti di giovani e donne con l’approssimarsi delle elezioni presidenziali-farsa. Il disumano regime dei mullah ha mandato all’impiccagione pubblica tre detenuti a Kermanshah il 6 Maggio (agenzia di stampa di Stato Fars). Anche il 7 Maggio altri tre detenuti della prigione centrale di Isfahan sono stati impiccati (Unità Centrale per le News del regime). 

Nello stesso giorno, un giovane di 24 anni ha subito 110 frustate in pubblico. Gli aguzzini dei mullah lo avevano fatto sfilare nelle strade della città di Abyek in maniera umiliante prima di fustigarlo pubblicamente. Il brigadiere Ahmad Reza Radan, vice-comandante delle Forze di Sicurezza dello Stato (FSS) ha annunciato che i piani di “pubblica sicurezza” verranno implementati da metà Maggio a Tehran e in 17 altre maggiori città come Isfahan, Shiraz, Kerman e Hamadan nonché nelle provincie di Alborz, Khorassan, Mazandaran, Gilan e Golestan. 

Basandosi su questo piano repressivo, un gran numero di giovani vengono arrestati con il pretesto di combattere “la circolazione dei cani-i teppisti-i piccoli spacciatori di droga-le prostitute”. Il brigadiere Hossein Rahimi, Capo della Polizia Stradale nella Grande Tehran riguardo alla “intensificazione della lotta contro la corruzione pubblica” ha detto anche: “Secondo ordini recenti del Procuratore Generale di Tehran, in base al piano di sicurezza morale, i veicoli dei trasgressori verranno confiscati per tre settimane in aggiunta all’applicazione della legge. 

I veicoli delle donne senza velo o mal-velate, di quelli che commettono atti contro la pubblica decenza nei veicoli, di quelli che molestano le donne e le ragazze e i veicoli che causano inquinamento acustico sono passibili di questo provvedimento.” Lo scopo principale dell’intensificare le misure repressive è creare un’atmosfera di intimidazione tesa ad impedire lo scoppio del malcontento e della rabbia popolare con l’approssimarsi delle elezioni-farsa
Ristretti Orizzonti.

venerdì 10 maggio 2013

LE MANI DELL’IRAN SUL PARTITO DI ABU MAZEN ?

iran palestinesi
Dopo aver ammesso – senza remore – di aver inviato armamenti all’organizzazione terrorista Hamas, adesso l’Iran tenta di mettere tutte e due le mani nella questione palestinese, cercando di cooptare membri del partito Al Fatah, il movimento politico del Presidente Abu Mazen.
L’uomo di Teheran all’interno del Comitato Centrale di Fatah è Jibril Rajoub (60 anni), ex Capo delle forze di sicurezza dell’Autorità Nazionale Palestinese, considerato uno degli uomini più potenti all’interno di Fatah e vice Segretario del Comitato Centrale del partito di Abu Mazen.
Secondo le informazioni diffuse da Press TV – canale televisivo in lingua inglese del regime iraniano – Jibril Rajoub  avrebbe incontrato il primo maggio scorso l’Ambasciatore iraniano in Libano Ghazanfar Roknabadi, auspicando l’approfondimento delle relazioni diplomatiche tra la Repubblica Islamica e Fatah
Per parte loro, membri dell’establishment iraniano – in seguito all’incontro con il rappresentante palestinese – hanno dichiarato che “l’Iran vede come un’opportunità le divisioni all’interno di Fatah e la completa assenza di una visione del futuro”.
Come evidenziato prima, durante il recente conflitto tra Israele e Hamas, il capo dei Pasdaran Ali Jafari, ammise pubblicamente il ruolo del regime iraniano nell’invio di armamenti ad Hamas, soprattutto dei missili Fajar-5. L’organizzazione terrorista Hamas, dopo il conflitto, ringraziò pubblicamente gli Ayatollah con enormi manifesti lungo le strade di Gaza


venerdì 3 maggio 2013

Giornalisti in carcere: Siamak Ghaderi, dall’Irna all’inferno di Evin

Siamak Ghaderi
Siamak Ghaderi non era un giornalista di opposizione. Al contrario, lavorava per l’agenzia ufficiale di stato, l’IRNA (Islamic Republic News Agency). Scriveva anche sul suo blog personale, IRNA-ye Maa. Dopo le contestate elezioni presidenziali del 2009, cominciò a criticare, in quel blog, la linea tenuta dalla dirigenza dell’IRNA. Dapprima fu il suo blog ad essere oscurato in varie occasioni. Poi fu la volta del posto di lavoro. Dopo 18 anni di onorato servizio all’IRNA, Ghaderi venne licenziato. Infine, nel luglio 2010, gli agenti andarono ad arrestarlo in casa sua. Fu processato e condannato a 4 anni di detenzione e sessanta frustate per le accuse di “propaganda contro il regime”, “aver creato ansietà nel pubblico” e “pubblicazione di menzogne”.
Da quasi 3 anni Siamak Ghaderi è rinchiuso nel carcere di Evin, a Teheran, senza avere mai beneficiato di neppure un giorno di permesso, benché la legge preveda che i detenuti, dopo avere scontato almeno un terzo della pena, possano usufruire di congedi temporanei. Ma per i prigionieri politici la regola vale solo quando decidono le autorità, sicché Ghaderi, benché abbia superato da tempo il termine previsto dalla legge (e anzi ormai intraveda da lontano la fine della sua pena), non ha mai trascorso neppure 24 ore fuori da Evin.
Siamak Ghaderi è uno dei 10 prigionieri della sezione 350 che attualmente sono stati trasferiti in cella d’isolamento per punirli di non avere sostituito il loro rappresentante presso le autorità carcerarie – quello attuale, Saeed Madani, è considerato dalle stesse autorità troppo “scomodo”.
“Ho cercato di spingere per un permesso in occasione dell’ultimo Nowruz [il capodanno persiano, 21 marzo 2013] – ha detto recentemente la moglie Farzaneh Mirzavand all’International Campaign for Human Rights in Iran - ma è stato inutile. Il nostro ultimo incontro di persona risale al 2011. Nel corso di questi 3 anni sono riuscita ad incontrarlo faccia a faccia solo due o tre volte. In ogni caso non voglio insistere ancora, perché l’impressione è che queste insistenze non ottengano alcuno scopo. Prendono le loro decisioni da soli e da soli le applicano. E Siamak stesso mi dice di non darmi ulteriore pena in viaggi presso l’ufficio del procuratore: ‘Vivi la tua vita – mi dice – la maggior parte della mia pena è stata ormai scontata, mi rimane ancora poco, resisterò.”
A Siamak Ghaderi non sono vietati solo i congedi temporanei e centellinate le visite faccia a faccia: gli viene anche negato l’uso del telefono (tanto più adesso che è in isolamento).
“Non tornerò a chiedere perché mio marito sia stato illegalmente arrestato, – aggiunge Farzaneh Mirzavand – perché i suoi diritti siano stati calpestati durante il periodo degli interrogatori, e perché abbia dovuto sopportare un così lungo periodo di isolamento. Non voglio tornare al passato, ma in questi giorni la mia domanda è: perché i prigionieri di coscienza non possono avere accesso al telefono? E, considerato che ha scontato più della metà della sua pena, e che non ha precedenti penali, perché mio marito non viene rilasciato rispettando le leggi?”
“Le famiglie dei prigionieri – conclude la moglie di Ghaderi – arrivano ogni lunedì a Evin piene di speranza di poter fare al loro caro una visita di mezz’ora. Ma ogni volta si trovano di fronte nuove regole, nuovi soprusi da parte delle autorità carcerarie. E’ così ogni lunedì da tre anni. Conosco  famiglie che hanno deciso di diradare le loro visite perché è davvero faticoso e frustrante. I soprusi sono di vario tipo. Per esempio durante le festività del Nowruz ho portato mio figlio quindicenne con me in prigione, ma le guardie non gli hanno permesso di vedere il padre, perché non c’era una sua foto nel certificato di nascita. Ho pregato, ho scongiurato: ‘Solo trenta minuti, il ragazzo vuole vedere il padre solo per mezz’ora… pensate che porti con me in prigione il figlio del vicino?’”
Ma quell’incontro tra padre e figlio è stato negato, anche se era il Nowruz, il capodanno persiano.
* Presidente di Iran Human Rights Italia Onlus

mercoledì 1 maggio 2013

Il giornalista e prigioniero politico Khosro Kordpour in sciopero della fame nel carcere di Oroumiyeh




Il giornalista curdo Khosro Kordpour





Il giornalista e prigioniero politico curdo Khosro Kordpour è in sciopero della fame da 11 giorni nel carcere di Orumyieh (dove è rinchiuso da marzo scorso), per protesta contro la mancanza di chiarezza sul suo stato di detenzione e sulle accuse mosse a suo carico.
Kordpour, direttore dell’agenzia Mukrian News nel Kurdistan iraniano, si trova in prigione insieme al fratello Massoud, anche lui giornalista e come lui arrestato a marzo. Il mandato di arresto contro entrambi è stato già rinnovato per due volte, ma nessuna accusa ufficiale è stata ancora formulata contro di loro. Al tempo stesso è stato loro negato l’accesso a un avvocato, così come la possibilità di richiedere il rilascio su cauzione.
Nei giorni scorsi, dopo 45 giorni di detenzione in incommunicado, ai due fratelli è stato permesso di ricevere una visita dei familiari.

In Iran vestirsi da donna è una punizione. La protesta di femministe e uomini per l’uguaglianza.


Lo scorso 15 aprile, la polizia di Marivan ( Iran ) ha costretto un detenuto ad una punizione inedita. L’uomo, in manette e su un mezzo della polizia, è stato fatto sfilare per le strade della città vestito da donna, con gli abiti tradizionali femminili del Kurdistan.
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La punizione, invece che essere vissuta come svilente dell’uomo e portare la popolazione al dileggio, ha scatenato una forma di resistenza molto partecipata. Un’organizzazione femminista locale ( sì, le femministe esistono anche in Iran ) chiamata “Marivan Women’s Community” ha organizzato una protesta a cui hanno preso parte centinaiat di uomini e donne, per denunciare questo tipo di punizione sancita da una corte locale, prima di tutto come offensiva per le donne del Kurdistan, ma soprattutto per dire che essere una donna non è una condizione umiliante e non dovrebbe essere considerata una punizione.
Anche in rete, la popolazione si è mobilitata e in un solo giorno, la pagina del gruppo femminista che si oppone a questo tipo di punizioni ha raggiunto quasi i 4000 likes.

Nel frattempo, 17 membri del parlamento iraniano hanno firmato una lettera indirizzata al Ministro della Giustizia condannando la sentenza come “umiliante per le donne musulmane”.
In molti hanno preso parola sull’accaduto. France 24 riporta ad esempio le parole di Hiwa, che ha preso parte alle mobilitazioni contro la sentenza e che racconta
” Tra quelli che hanno protestato c’erano circa una dozzian di donne che indossavano vestiti rossi, simili a quello che il detenuto è stato obbligato ad indossare. Erano donne della “Marivan Women’s Community”  che è molto attiva nella nostra regione.
Combattono per i diritti delle donne, per esempio protestando contro il delitto d’onore. [...] Noi protestiamo spesso per i nostri diritti. Credo che questo avvenga grazie alla presenza della Marivan University, i cui studenti sono abbastanza attivi. [...] Per quanto posso ricordare, questa è la prima volta che un uomo iraniano è condannato a indossare abiti femminili. Credo che il fatto che sia avvenuto a Marivan non sia una coincidenza, ma più un tentativo di intimorire una popolazione che lotta.”
La protesta è continuata anche su internet, dove è stata lanciata una campagna  in solidarietà con la manifestazione femminista: sulla pagina facebook delle donne di “Marivan Women’s Community” e poi sul gruppo “Kurd Men for Equality” gli uomini sono stati invitati a scattarsi e inviare foto vestiti da donna. Così uomini da tutto il mondo hanno inviato le loro foto “drag” ribadendo che non c’è alcuna umiliazione nell’essere vestito da donna.
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Una coppia iraniana si scatta una foto “queer” scambiandosi i vestiti
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Un padre iraniano posa con la figlia
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Alcuni di loro lasciano anche dei commenti sulla pagina facebook dell’iniziativa, ad esempio Ala M dice
Per molti anni le donne nel mio Paese hanno combattutto fianco a fianco agli uomini, indossando anche abiti “da uomo”, lottando. Questa sera sono onorato di indossare abiti da donna e essere anche solo una piccolissima parte in questa giusta lotta della popolazione che esprime gratitudine alle donne del mio Paese
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Oggi la campagna continua, la pagina ha raggiunto i 9000 likes e sono ben accette foto da tutto il mondo.
C’è qualche maschietto italiano che non si sente umiliato dal vestirsi da donna e vuole partecipare?
In caso, basta scattarsi una foto con il vostro abito femminile preferito e mandarla a questa pagina fb, dove trovate centinaia di foto che vi faranno da ispirazione

Un blog contro il sessismo, l'omofobia e tutte le disuguaglianze di genere
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10 prigionieri politici in isolamento nel carcere di Evin. Altri 35 per solidarietà rinunciano alle visite.




















 Dieci prigionieri di coscienza detenuti nella sezione 350 del carcere di Evin sono stati trasferiti in cella d’isolamento il 28 aprile. Il motivo del provvedimento, stando a quanto riporta il sito Kalemeh sarebbero le proteste nate quando le autorità carcerarie hanno intimato ai prigionieri di togliere a Saeed Madani il ruolo di rappresentante dei prigionieri politici della sezione 350. 
I nomi dei 10 in questione: Saeed Madani, Abdollah Momeni, Khosro Delirsani, Abolfazl Abedini, Siamak Ghaderi, Mohammad Hassan Yousefpour, Saeed Abedini, Kamran Ayazi, Mohammad Ebrahimi e Pourya Ebrahimi.
Contro la richiesta delle autorità  i prigionieri della sezione 350 sono insorti pacificamente cantando e urlando slogan nell’area comune della prigione. Quando hanno cominciato a gridare “Margh bar diktator” (“Morte al dittatore”) le guardie sono state inviate nella sezione. In seguito al trasferimento in isolamento, ai 10 prigionieri politici è stato anche vietato di ricevere visite. Altri 35 prigionieri di coscienza della sezione 350, per solidarietà con loro, hanno annunciato di rinunciare a loro volta al diritto alle visite. I 10 in isolamento hanno fatto sapere che, se la misura restrittiva nei loro confronti persisterà, lanceranno uno sciopero della fame.
Il motivo che ha spinto il vice-capo guardiano di Evin a chiedere ai detenuti di rinunciare a essere rappresentati da Saeed Madani è da ricercare nelle proteste che quest’ultimo ha presentato contro il trattamento riservato ai detenuti politici nella sezione 350, contro le condizioni dell’emporio del carcere e contro le irregolarità nella sua gestione finanziaria, e nella sua richiesta di licenziamento di una guardia che aveva ripetutamente insultato i familiari dei prigionieri durante gli orari di visita.
Saeed Madani, 75 anni, attivista politico e membro del Fronte Nazionalista-religioso (“Melli Mazhabi”), ricercatore e sociologo, è stato arrestato il 2 gennaio 2012.

Fonti: Radio Zamaneh e blog di Persianbanoo