venerdì 25 ottobre 2013

La persecuzione delle donne della resistenza iraniana a Camp Ashraf e Liberty

Nel corso di una conferenza stampa svoltasi presso la sede del Partito Radicale, esponenti del Partito Radicale Nonviolento Transnazionale e Transparito, Nessuno tocchi Caino e Non c’è Pace senza Giustizia hanno sostenuto l’appello del Consiglio Nazionale della resistenza iraniana per la liberazione delle 7 persone, di cui 6 donne, sequestrate dalle forze irachene il 1° settembre durante l’attacco armato a Camp Ashraf nel corso del quale sono state sommariamente giustiziate 52 persone con un colpo alla nuca.
Le 7 persone, secondo recenti notizie, si trovano nel carcere al-Huot nella zona aeroportuale di Baghdad e rischiano seriamente di essere estradate in Iran
Decine di appartenenti alla resistenza iraniana, in Iraq come a Ginevra, Londra, Ottawa, Berlino e Melbourne hanno avviato una iniziativa nonviolenta di sciopero della fame che dura dal 1° settembre 2013. Nel corso della conferenza stampa, Faride Karimi, responsabile diritti umani per il Consiglio resistenza iraniana, si è rivolta al Ministro degli Esteri Emma Bonino, affinchè si attivi per la liberazione dei 7 ostaggi.

mercoledì 23 ottobre 2013

Avanti il Boia


Hassan Rouhani il nuovo presidente dell’ Iran non esita, senza timore e remore chiama direttamente nel suo governo, elementi legati alla repressione interna e al terrorismo internazionale.
Maryam Rajavi, presidente del consiglio della resistenza, aveva ragione paragonando l’elezione in Iran come la sabbia mobile che ingoierà il regime totalitaria di Tehran e che andrà verso la massima espansione del terrore nel mondo. La conferma arriva immediata, basta leggere alcuni nomi di ministri per confermare una sensazione: Mostafa Pour-Mohammadi, Ministro della Giustizia, è uno degli alti funzionari responsabili dell’eccidio di 30.000 prigionieri politici nel 1988 e di numerosi attentati nel mondo. Altri membri del nuovo governo sono alti funzionari del regime stesso che, negli ultimi tre decenni, sono stati ampiamente coinvolti in guerre, repressioni, esportazione del terrorismo e del fondamentalismo.
Come ha sottolineato Rajavi, proprio il giorno dopo le elezioni, nessun cambiamento si può immaginare senza libertà per i prigionieri politici, libertà di parola, libertà di associazione politica, cessazione dell’aggressiva ingerenza in Siria e in Iraq e interruzione del progetto per la bomba atomica.
Sessanta giorni dopo le elezioni, Rouhani ha ben dimostrato, in varie occasioni, che non vuole né può portare alcun cambiamento riguardo alle suddette questioni. Rouhani ha detto al primo ministro siriano, arrivato a Tehran per partecipare alla sua cerimonia di insediamento, che il regime dei mullah non cesserà di appoggiare il governo di Damasco nella lotta contro il popolo Siriano.
Curriculum politico di alcuni ministri:
-Mullah Pour-Mohammadi era un importante membro del trio “Commissione della Morte” che ha ricoperto il ruolo più importante nell’eccidio di 30.000 prigionieri politici nel 1988. L’orribile massacro di 100 studenti tra i 16 e i 18 anni, e l’espulsione degli insegnanti di Bandar-Abbas.
Pour-Mohammadi è stato anche coinvolto negli “omicidi a catena”. Non ha mostrato pietà nemmeno verso i suoi parenti, infatti è stato coinvolto nel brutale omicidio, con il corpo dato alle fiamme, del cugino di sua moglie Ashraf al-Sadat Borghai .
- Mullah Seyed Mahmoud Alavi, Ministro dell’Intelligence: E’ stato incaricato del Dipartimento per la Supervisione ed Ispezione e del Dipartimento per le Pubbliche Relazioni e la Propaganda all’interno dell’organo repressivo e di spionaggio noto come “Fede-Politica” del Ministero della Difesa, ricoprendo un ruolo importante nella repressione ed uccisione del personale militare che era contro il regime.
 - Hamid Chitchian, Ministro dell’Energia: Comandante del Dipartimento Intelligence di Tabriz è stato un tassello chiave negli organi repressivi.
- Abbas Akhoundi, Ministro per gli Alloggi: E’ stato uno dei primi membri del Consiglio Centrale della Jihad  per la Ricostruzione, responsabile di aver fornito la logistica per la guerra Iran-Iraq.
Dopo le elezioni tra 19 giugno al 10 agosto, in Iran, sono state impiccate 102 persone!
Dr. Jamshid Ashough

domenica 13 ottobre 2013

Iran. Quattro anni di carcere per donna convertita al cristianesimo

ArticoloTre
La sharia iraniana non consente la conversione dall’islam: la punizione può essere addirittura la pena capitale. Mariam Naqqash, una delle principali organizzatrici di cerimonie religiose cristiane a Teheran, è stata condannata a 4 anni di carcere.
È stata condannata a 4 anni di carcere Mariam Naqqash, iraniana convertita al cristianesimo. Lo riferisce il sito d’informazione Iran press news, spiegando che Naqqash è stata riconosciuta colpevole dal Tribunale della Rivoluzione di Teheran di “attentato alla sicurezza nazionale, avendo fatto propaganda religiosa nel paese”. La donna è nota per essere tra le principali organizzatrici delle cerimonie religiose cristiane a Teheran. Accusata, inoltre, di spionaggio a favore di Gran Bretagna e Israele, è stata rinchiusa nel carcere di Evin, a Teheran.

Secondo i siti d’informazione attivi nell’ambito dei diritti umani, sono diverse le chiese clandestine fondate dai neo-cristiani iraniani a Teheran e nelle città vicine alla capitale quali Shahriar, Fardis e Karaj. Negli ultimi anni sono aumentate in modo considerevole le conversioni, soprattutto dei giovani, dall’Islam alle altre religioni, in particolare il cristianesimo, lo zoroastrismo e la fede bahai. 

Stando ad alcuni siti d’opposizione, negli ultimi due anni oltre 300 iraniani convertiti al cristianesimo sarebbero stati arrestati su ordine dell’autorità giudiziaria iraniana. La sharia in vigore in Iran non consente la conversione dall’islam ad altre religioni. L’abiura dell’islam è punibile anche con la pena capitale. Ecco perchè molte conversioni in Iran avvengono in segreto.

martedì 24 settembre 2013

Ministro Bonino ,NO al dialogo con chi usa esecuzioni capitali e torture come risposta a eventuali dissensi . Non importiamo la dittature!

Emma Bonino incontra Zarif, ministro degli Esteri
Ministro Bonino
Non posso pensare che una mente proiettata nell' UMANITARIO quale la sua , possa credere alle ingannevoli dichiarazioni del Presidente Iraniano Rohuani .
Farsi portavoce per un dialogo con l'Occidente !
Quale dialogo si può intrattenere con chi fa un uso sistematico di mezzi quali esecuzioni capitali e torture , nei confronti dei propri cittadini , quando osano esprimere dubbi , neanche dissenso .
Come può pensare dì avviare un dialogo con chi sta riportando la donna nel mondo dell' invisibile !
Ministro Bonino come può avviare un dialogo con chi , nel diniego assoluto dei diritti umani si era posto quale Presidente Moderato Un coraggioso NO al modello Komheinista!

lunedì 16 settembre 2013

Iraq: l'ennesima strage contro i residenti iraniani a campo Ashraf

Viene presentato un video e una foto del massacro di domenica 1 settembre compiuto dalle forze di sicurezza irachene contro i residenti iraniani del Campo Ashraf, nel quale sono stati uccisi 52 membri della resistenza iraniana e altri 7 sono stati presi in ostaggio e tenuti in luogo segreto. Le immagini mostrano uomini e donne prima ferite e poi "giustiziate" con un colpo alla testa, in alcuni casi con le mani ancora legate

lunedì 9 settembre 2013

Firma per una dichiarazione contro il massacro di Camp Ashraf e per la tutela dei residenti di Camp Ashraf e Liberty

Il massacro brutale dei residenti di Ashraf del 1 settembre 2013, che ha lasciato sul campo 52 martiri e 7 ostaggi, è stato perpetrato dalle forze irachene su ordine di Khamenei e Maliki; si è trattato di un grande crimine contro l’umanità e non dovrebbe passare sotto silenzio. Khamenei, alle prese con problemi interni e internazionali, aveva un’assoluta necessità di questo eccidio, che è un’altra faccia dell’attacco chimico alla periferia di Damasco e della carneficina di centinaia di civili, bambini compresi
.
Noi, firmatari di questa dichiarazione, condanniamo l’apatia e il silenzio delle organizzazioni internazionali nei confronti di questi crimini orrendi dei mullah che governano l’Iran e del loro governo fantoccio in Iraq, e chiediamo agli Iraniani nel mondo e alle persone responsabili e rette delle altre nazioni di sostenere e difendere i residenti di Camp Liberty e Camp Ashraf. Affianco agli Iraniani, sollecitiamo l’Unione Europea, il governo degli Stati Uniti e le Nazioni Unite a richiedere le seguenti misure
:
Primo: Impegnarsi per il rilascio immediato dei 7 ostaggi dell’attacco
.
Secondo: Mandare via le forze irachene da da Camp Ashraf e Liberty e sostituirle con i Caschi blu delle Nazioni Unite, per difenderli fino alla conclusione del processo di trasferimento dei residenti dei campi verso l’Europa o gli Stati Uniti
.
Terzo: Istituzione di un comitato internazionale di indagini imparziali e deferimento dei fatti del 1° settembre al Consiglio di sicurezza perché venga fatta giustizia e i responsabili siano puniti.
Indirizzo E-mail per firmare in sostegno di questa dichiarazione:
ashraf.massacre@gmail.com

domenica 8 settembre 2013

IRAN. Chi comanda i pasdaran che combattono in Siria: Mohammad Reza Zahedi


Reza Zahedi mohamad A guidare i circa 4mila pasdaran iraniani che al momento sono in Siria impegnati nel sostegno all’Esercito di Bashar al-Assad, è il generale Mohammad Reza Zahedi: l’ufficiale era uno dei comandanti dell’Esercito della Repubblica islamica ai tempi della guerra Iran – Iraq, negli Anni ’80, ed in seguito, dal 1992 al 1996 e dal 1998 fino al 2002 è stato a capo della Brigata al-Quds in Libano ed in Siria, dove era conosciuto con il nome di Mohammad Reza Mahdavi; sempre in quel periodo è stato rappresentante di Khamenei in Libano e secondo segretario presso l’ambasciata iraniana a Beirut.
Dal 2006 al 2008 è stato comandante dell’Esercito dei pasdaran (Guardiani della Rivoluzione), oltre che responsabile della Base Sarallah, che garantisce la sicurezza di Teheran.
Il suo nome appare nella lista delle persone e delle aziende con cui non è possibile intrattenere rapporti, frutto della Risoluzione 1747 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite
.
reza Zahedi fuori

domenica 1 settembre 2013

il raid delle forze irachene di Nour al-Maliki contro i residenti iraniani di Camp Ashraf

Ultimo aggiornamento da Camp Ashraf Iraq (10:00 Baghdad ora locale) Il bilancio delle vittime del raid delle forze irachene al comando di Nour al-Maliki contro i residenti iraniani di Camp Ashraf in Iraq è salito a 44.
Il raid è iniziato a mezzanotte ed è ancora in corso.
Il campo è stato isolato e le forze irachene, che si avvalgono anche di unità di combattimento speciali (SWAT) fanno anche uso di mortai: una fitta coltre di fumo si è levata dal campo.
Molti feriti versano in condizioni critiche.
Altri residenti sono stati presi in ostaggio.
I martiri identificati sono: Zohreh Ghaemi, vice segretario generale del PMOI/MEK; Giti Givehchian, membro anziano del Consiglio del PMOI Mitra Bagherzadeh Gila Toloue, Fatemeh Kamyab , Maryam Hosseini, Majid Shivyari, Azim Naroui, Rahman Manani, Hassan Jabari, Mehdi Fatollah Nejad, Alireza Khooshnevis, Mohammad Reza Safavi, Saeed Akhavan, Hossein Rassouli, Nasser Habashi, Ali Asghar Mechanic, Ali Mahmoudi, Ibrahim Assadi.
La resistenza iraniana chiede un’azione urgente e si appella all’UNAMI e all’ambasciata statunitense in Iraq perché inviino immediatamente una delegazione nel campo per fermare il massacro dei residenti.
  settembre 2013

sabato 17 agosto 2013

Iran: Il Ministro della Difesa Hassan Rouhani stato il fondatore dello hezbollah Libanese


CNRI- Secondo quanto rivelato dai siti web del regime, il nuovo Ministro della Difesa del Regime Iraniano nominato da Hassan Rouhani è uno dei fondatori del gruppo terrorista libanese.Gli ultimi dettagli del passato torbido di Hossein Dehghan vengono dopo i rapporti che lo vedevano anche come uno dei primi studenti terroristi dell’ambasciata di Teheran nel 1979 che avevano preso in ostaggio 53 diplomatici americani.  Ora le notizie dei nuovi siti del regime dicono come Dehghan sia stato un membro fondatore delle Guardie Rivoluzionarie e un comandante del IRGC a Teheran fino al 1982 quando giocò un ruolo attivo nella repressione dell’opposizione.
Fu poi nominato comandante della forze del IRGC in Siria prima della formazione della guarnigione degli agenti libanesi vicino al confine col Libano.
In seguito entrò in Libano per stabilizzare la guarnigione di Abol-Fazl Abbas nella regione di Nabi-Shit nella valle di Bakon ed organizzare le forze dello Hezbollah.
Secondo i siti web del regime, Dehghan aveva chiuso qualsiasi tipo di relazione con i leader dello Hezbollah incluso Seyed Abbas Moussavi, il primo e più importante Hezbollah ucciso nel 1992 e Seyed Hassan Nasrallah, l’attuale leader del gruppo.
Dehghan, nato a Shahreza nel 1957, nel centro dell’Iran, ha mantenuto il suo legame con lo Hezbollah ed ha anche rilasciato sue foto in Libano lungo il Moussavi.
Dettagli del ruolo di Dehghan nella crisi degli ostaggi statunitensi sono stati riferiti a vari siti web del regime clericale incluso shakhsiatnegar.com ed il sito degli Studenti Mussulmani che seguono la Linea dell’Imam. Comunque questa informazione è stata omessa dalla biografia ufficiale fornita alla stampa che seguiva la sua nomina.

martedì 9 luglio 2013

Iran ha lanciato il proprio servizio di posta elettronica interno gestito dallo Stato



L’Iran ha lanciato il proprio servizio di posta elettronica interno gestito dallo Stato. Lo ha annunciato il Ministro dell’Informazione e della Comunicazione Tecnologica iraniano, Mohammad Hasan Nami, alla tv di Stato iraniana.
“D’ora in poi – ha spiegato il ministro – a ogni iraniano verrà assegnato un indirizzo mail individuale che dovrà essere impiegato per la comunicazione elettronica con le agenzie governative”. Una decisione presa per migliorare le interazioni e la comunicazione tra il governo il popolo. Almeno è stata questa la motivazione ufficiale, ma non è chiaro se in realtà si tratta di un modo per rafforzare i controlli sulla rete.
Al momento il Ministero non ha precisato se queste mail dovranno essere usate obbligatoriamente o meno, e come l’introduzione di un nuovo provider di posta elettronica influirà sulla privacy dei cittadini iraniani. Intanto a ciascuno sarà assegnato un indirizzo mail con il dominio “mail.post.ir”, mentre in tutto il Paese sono già stati istituiti i primi data center, al fine di supportare il nuovo sistema.
L’Iran ha discusso per anni sulla creazione di un proprio servizio di posta elettronica interna, con l’obiettivo di contrastare i provider stranieri di posta elettronica come Gmail e Yahoo.
Le statistiche ufficiali mostrano che circa la metà degli iraniani usufruisce della Rete, nonostante i continui tentativi di blocco e filtraggio imposti dalle autorità. Nel 2012 gli utenti iraniani che hanno utilizzato Internet sono stati 42 milioni, secondo l’ultimo rapporto pubblicato da InternetWorldStats.com
Al momento, le dichiarazioni rilasciate dal neo presidente eletto Hassan Rouhani qualche giorno fa, sulla necessità di allentare il filtraggio della rete e i controlli multimediali da parte delle autorità, non hanno avuto alcun effetto.

giovedì 4 luglio 2013

IRAN: 25 ESECUZIONI IN DUE GIORNI




 25persone sono state impiccate tra ieri e oggi in Iran, per diversi crimini. 
I primi quattro prigionieri sono stati impiccati oggi nel carcere Rajai Shahr di Karaj. Lo rende noto l’organizzazione Iran Human Rights, secondo cui i quattro erano stati riconosciuti colpevoli di omicidio. Tre di loro sono stati identificati come "Mohammad Jafari", "Ali Yadegari" e "Karim Taraj".
Il 2 luglio, 21 prigionieri sono stati impiccati nel carcere Ghezel Hesar di Karaj, hanno reso noto fonti vicine a Iran Human Rights (IHR).
Dei 21 impiccati, 17 erano detenuti nello stesso carcere di Ghezel Hesar, mentre altri 4 erano stati trasferiti da altre prigioni.
In particolare, un giustiziato identificato come "Mohsen Jahanbakhsh" era stato trasferito dal carcere di Rajai Shahr.
Jahanbakhsh era nato nel 1977 ed era stato condannato dal giudice Salavati, che lo aveva riconosciuto colpevole di Moharebeh (guerra contro Dio) per partecipazione ad una rapina a mano armata.
La sua famiglia non è stata informata dell’esecuzione e non è stata quindi in grado di incontrarlo un’ultima volta.
Non sono note le identità degli altri impiccati, per la maggior parte riconosciuti colpevoli di Moharebeh, “corruzione sulla Terra”e reati legati alle droghe. (Fonti: Iran Human Rights, )

lunedì 24 giugno 2013

Iran, ecco perché le elezioni sono state una farsa








Il più grande raduno mondiale di iraniani in esilio, seicento dignitari politici tra cui Zapatero, Giuliani, Betancourt, oltre a legislatori e giuristi che rappresentano un ampio spettro di tendenze politiche provenienti da 47 paesi in tutto il mondo
.
Due giorni fa nei pressi di Parigi si è levata una voce contro le elezioni di Teheran: “Elezioni una farsa di regime, il nuovo presidente illegittimo, l’unica opzione è quella di rovesciare il regime e il movimento del supporto Maryam Rajavi
”.
Dal meeting è emersa la consapevolezza che il nuovo presidente del regime è un funzionario “della macchina del regime di guerra e della repressione”, ma allo stesso tempo adesso occorre “attenzione verso gli Stati Uniti e l’Onu per la sicurezza dell’opposizione iraniana
”.
Il raduno ha condannato con la massima fermezza il terzo attacco missilistico contro profughi inermi residenti in un carcere dell’entroterra. Un attacco che ha causato due morti e settanta feriti, ma l’assalto sarebbe stato effettuato dal terrorista Qods e con il sostegno del primo ministro iracheno Nouri al-Maliki
.
I relatori hanno invitato il governo degli Stati Uniti, le Nazioni Unite, l’Unione europea e il Parlamento europeo a garantire i diritti dei residenti indifesi di Ashraf e Liberty, e, in particolare, garantire la loro sicurezza. Hanno sottolineato che l’unico modo per evitare il ripetersi di questa tragedia è di tornare temporaneamente ad Ashraf dove potrebbero essere gradualmente reinsediati in paesi terzi
.
Resistenza
Ma il nodo è anche un altro: l’unico modo per liberare il Paese dal regime che ha minacciato la pace e la sicurezza in tutto il mondo, soprattutto in Medio Oriente, è un cambiamento netto per mano del popolo iraniano e del loro movimento di resistenza organizzata. Per questo hanno inneggiato all’apporto della signora Maryam Rajavi, Presidente eletta della Resistenza Iraniana, per i suoi dieci punti programmatici per l’instaurazione della democrazia e della libertà in Iran
.
Così dal meeting si è levata la richiesta che il movimento venga ufficialmente riconosciuto. Un attacco è partito all’azione del Segretario generale delle Nazioni Unite Rappresentante Speciale in Iraq, Martin Kobler, che secondo il Meeting parigino avrebbe avallato le azioni intraprese contro i profughi



L’editto di Rajavi
Maryam Rajavi, Presidente eletto del Consiglio Nazionale della Resistenza Iraniana (CNRI), è stato il relatore principale. E ha descritto le urne iraniane come una chiara testimonianza della fase finale del regime, prima di essere rovesciato e ha osservato: “Anche se Khamenei ha eliminato Ali Akbar Hashemi Rafsanjani, che è stato determinante nel portarlo al potere, tra avallare Hassan Rowhani e le rivolte popolari ha scelto la prima
.
Diverse ore prima di annunciare il risultato delle elezioni, Khamenei ha cercato di nascondere la sua sconfitta, attaccando Liberty e uccidendone i combattenti nel tentativo di mettere in guardia il popolo iraniano”. Accuse precise a cui ha fatto seguito la considerazione che “il nuovo presidente del regime iraniano è un funzionario della macchina del regime di guerra e repressione
”.
Da qui l’invito della signora Rajavi al nuovo presidente dei mullah di acconsentire alle richieste immediate del popolo iraniano. Il riferimento è alla libertà di espressione e dei diritti umani,al rilascio dei prigionieri politici e al riconoscimento della libertà di partiti politici. Ma anche alla condanna per le aggressioni in Siria e in Iraq perché “se non si fermerà il programma di armi nucleari, non cambierà nulla in Iran
”.
Chi c’era: da Rudy Giuliani a Ingrid Betancourt
Al raduno francese sono intervenuti  alte personalità politiche e istituzionali provenienti da tutto il mondo tra cui: Rudy Giuliani, ex sindaco di New York; il generale James Jones, ex Consigliere della Sicurezza Nazionale del presidente Obama; una delegazione del Congresso degli Stati Uniti, Louis Freeh, ex direttore dell’FBI, Patrick Kennedy, ex membro della Camera dei Rappresentanti, James Conway, comandante del 34 ° Corpo dei Marines; Porter Goss, ex direttore della CIA; il Vicepresidente del Parlamento europeo Alejo Vidal-Quadras; Aude de Thuin, Fondatore e Presidente del Forum delle donne per l’Economia e società; David Amess, membro del Parlamento britannico; Horst Teltschik, membro dell’International Advisory Board del Council on Foreign Relations; Giulio Maria Terzi, ex Ministro degli Affari Esteri italiano, José Luis Rodríguez Zapatero, ex primo ministro della Spagna; Ingrid Betancourt, ex candidata alla presidenza della Colombia; Russ Hiebert, Membro del Parlamento canadese; il senatore ceco Yroumir Eschtetina, Membro del Comitato per gli affari africani; Sid Ahmed Ghozali, ex Primo Ministro d’Algeria; Najat Bubakr, Membro della Palestina Parlamento.

Twitter@FDepalo

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Hormozgan (Iran meridionale): 200 prigionieri in attesa di esecuzione

Iran Human Rights

Secondo Ali Olya, capo della magistratura di Hormozgan (Iran meridionale), circa 200 condannati a morte sono in attesa di esecuzione.

Ali Olya, parlando con i giornalisti, ha detto: “14 dei 297 condannati a morte a Hormozgan sono stati messi a morte lo scorso anno (calendario iraniano: 21 Marzo 2012- 20 marzo 2013.) e circa 200 condannati a morte sono in attesa che la loro condanna sia eseguita”. “La maggior parte di questi prigionieri sono condannati per droga o per omicidio”, ha aggiunto.

Nessuna delle 14 esecuzioni è stata annunciata da fonti ufficiali.

Secondo il rapporto annuale sulla pena di morte in Iran di Iran Human Rights (IHR), ci sono state 286 esecuzioni non annunciate o eseguite in segreto nel 2012 in 15 diverse prigioni. Tuttavia, le prigioni di Hormozgan non erano tra le carceri in cui sono avvenute esecuzioni che IHR è riuscita a confermare. Ciò indica che le esecuzioni che avvengono in segreto sono più diffuse ed i numeri sono molto più alti rispetto ai dati forniti dalle organizzazioni per i diritti umani

mercoledì 19 giugno 2013

Iran si qualifica ai Mondiali di calcio 2014. Ma le donne non possono partecipare ai festeggiamenti ufficial

Calcio, politica e diritti: l’altra sfida di Rouhani. Ieri la nazionale di calcio iraniana si è aggiudicata la qualificazione al Mondiale brasiliano del 2014, vincendo 1 a 0 contro la Corea del Sud. Grande festa per le strade di Tehran.
Qui una fotogallery dei festeggiamenti a Tehran.
Oggi alle 16 la nazionale di calcio sarà accolta allo Stadio Azadì (che in persiano vuol dire Libertà) di Tehran, per festeggiare la qualificazione alla Coppa del Mondo del 2014. Tuttavia, un comunicato emesso dalla FEDERCALCIO iraniana e diffuso lunedì dall’agenzia stampa Mehr, affiliata al Ministero dell’Intelligence e della Sicurezza del regime, ha fatto sapere che le donne non saranno autorizzate a partecipare ai festeggiamenti presso lo stadio Azadì. (Fonte NCRI – Iran)
Intanto parte la mobilitazione sul web per protestare contro la decisione delle autorità iraniane. Qui, qui e qui i volantini di protesta che circolano sui social network, dove molti invitano le donne a recarsi allo stadio nonostante il divieto.
Sul fronte dei diritti delle donne, durante la sua campagna elettorale, il neo presidente eletto Rouhani ha dedicato ampio spazio e attenzione alle questioni relative ai diritti delle donne, promettendo di istituire un ministero per gli affari femminili e garantire la parità di genere, anche in relazione alle opportunità di lavoro.
Amnesty International ieri ha rilasciato un comunicato stampa, invitando il neo presidente Hassan Rouhani a mantenere le promesse sul
rispetto dei diritti umani.

sabato 15 giugno 2013

Attacco missilistico a Camp Liberti



  al Segretario Generale delle Nazioni Unite, all'Alto Commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati e il Segretario di Stato degli Stati Uniti per il ritorno immediato dei residenti di Campo Liberty ad Ashraf
 
CNRI .Campo Liberty, situato alla preferia di Baghdad è stato colpito con missili alle ore locale 13:15 con 6 morti, 27 feriti, di cui alcuni gravi 
il mondo non deve permettere che i dissidenti iraniani siano ammassati in un campo di prigionia chiamato Liberty, in quanto ciò sarebbe non solo contro ogni legge internazionale, ma contro ogni legge morale

domenica 9 giugno 2013

Iran, il ritorno della lapidazione per adulterio

Le persone e la dignita Corriere della Sera Amnesty International

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Il Consiglio dei guardiani, organo costituzionale iraniano non elettivo composto da 12 giuristi religiosi incaricato di vagliare tutta la legislazione per accertarne la compatibilità con la Costituzione e la legge islamica, ha reinserito la pena della lapidazione correggendo una bozza precedente del nuovo codice penale iraniano in cui la lapidazione, come pena esplicita per il reato di adulterio, era stata omessa.
Lo ha reso noto Iran Human Rights Italia, riprendendo una denuncia di Human Rights Watch.
Il 27 aprile l’agenzia di stampa semi-ufficiale Mehr aveva riferito che il Consiglio dei guardiani aveva terminato la revisione e la correzione della bozza del nuovo codice penale e che la normativa sarebbe presto entrata in vigore.
Il Consiglio dei guardiani aveva approvato una precedente versione della bozza del nuovo codice, ma alla fine dello scorso anno aveva deciso di apportarvi ulteriori modifiche prima dell’entrata in vigore.
La versione precedente proponeva l’abolizione delle disposizioni che prevedono la lapidazione a morte come pena per l’adulterio. Peraltro, quella versione avrebbe ancora permesso ai giudici di far riferimento a fonti religiose – tra cui la Sharia e le fatwa (editti religiosi) emesse dal clero sciita di alto rango – che potevano contemplare la lapidazione degli adulteri.
La bozza modificata identifica invece esplicitamente, di nuovo, la lapidazione come forma di punizione per le persone giudicate colpevoli di adulterio o di rapporti sessuali al di fuori del matrimonio.
Il nuovo codice disciplina in modo articolato i casi in cui un’adultera o un adultero possano essere lapidati, impiccati o frustati.
Ai sensi dell’articolo 225, se il tribunale e il capo della magistratura stabiliscono che “non è possibile”, in un particolare caso, applicare la lapidazione, la persona può essere messa a morte con un altro metodo qualora le autorità abbiano provato il reato sulla base delle dichiarazioni rese da testimoni oculari o della confessione dell’imputato.
Il codice riveduto prevede anche che i tribunali che condannano gli imputati per adulterio sulla base della “conoscenza del giudice” (una dottrina notoriamente vaga e soggettiva che permette condanne in assenza di qualsiasi prova concreta) possono imporre la pena di 100 frustate al posto della lapidazione a morte. La pena per le persone giudicate colpevoli di fornicazione o di rapporti sessuali al di fuori del matrimonio, che coinvolgano una persona non sposata, è di 100 frustate.
In assenza di dati ufficiali, le organizzazioni per i diritti umani stimano che siano almeno 10 le persone, uomini e donne, attualmente in prigione e a rischio di esecuzione per lapidazione in base all’accusa di adulterio. Almeno 70 persone sono state messe a morte con la lapidazione in Iran dal 1980. L’ultimo caso noto si è verificato nel 2009.
Di questa ed altre questioni riguardanti la situazione dei diritti umani in Iran si parlerà questa sera a Roma, in un incontro con la scrittrice Sahar Delijani.

martedì 4 giugno 2013

Il 9 giugno a Roma Sahar Delijani, autrice de “L’albero dei fiori viola”, è ospite di IHR Italia


Sahar Delijani
A pochi giorni dalle elezioni presidenziali in Iran, in programma il prossimo 14 giugno, l’associazione Iran Human Rights Italia Onlus in collaborazione con la libreria Tra le righe organizza l’evento “Libertà, diritti e democrazia nella Repubblica Islamica dell’Iran.”
Nel corso della serata Cristina Annunziata, vicepresidente di IHR Italia, intervisterà Sahar Delijani, autrice del libro L’albero dei fiori viola, suo primo romanzo, pubblicato in Italia da Rizzoli e uscito contemporaneamente in circa altri trenta paesi (ma la pubblicazione è in programma anche in altri 40). Il libro racconta un trentennio di storia iraniana, dagli anni successivi alla Rivoluzione del 1979 fino ai nostri, attraverso le vicende di varie famiglie separate dalla violenza e dal dolore, ma accomunate dalla speranza, dall’amore e dalla lotta per la libertà.
Sahar Delijani è nata 30 anni fa nel carcere di Evin a Teheran, dove i suoi genitori erano reclusi a causa della loro opposizione al regime islamico. E il suo romanzo comincia proprio in una cella di Evin, lo stesso carcere dove, attualmente, sono detenuti decine di prigionieri di coscienza.
La serata sarà quindi un’occasione per portare all’attenzione della stampa e dell’opinione pubblica italiana le violazioni ai diritti umani commesse dal regime iraniano ai danni di operatori dell’informazione, dissidenti, sindacalisti indipendenti, esponenti di minoranze etniche e religiose, attivisti del movimento studentesco, avvocati. Violazioni che avvengono sin dalla nascita della Repubblica Islamica e intensificatesi negli anni che sono seguiti alle contestate elezioni presidenziali del giugno 2009. Alla vigilia delle nuove elezioni, in un paese fiaccato da una gravissima crisi economica causata soprattutto dalle sanzioni internazionali, il regime continua ad imbavagliare la stampa, ad eseguire ogni mese decine di sentenze capitali, a praticare in modo sistematico la tortura nelle carceri, ad intimidire con arresti arbitrari quei settori della società civile che chiedono un cambiamento. Tutto questo mentre, nel mondo, l’Iran fa notizia solo per quanto riguarda lo sviluppo del suo programma nucleare.
Far uscire dal cono d’ombra mediatico le vittime della repressione del regime è il solo modo per stare vicini a quanti, in Iran, continuano ogni giorno, pagando un prezzo altissimo, a lottare per la libertà e la democrazia.

giovedì 23 maggio 2013

Le elezioni si avvicinano e i prigionieri politici in congedo vengono richiamati in carcere


L’ingresso del carcere di Evin a Teheran
A poche settimane dalle elezioni presidenziali del prossimo 14 giugno, le autorità stanno richiamando in carcere molti prigionieri politici che erano da tempo in congedo.
Sabato scorso, 18 maggio, hanno fatto ritorno nella prigione di Evin (Teheran) il giornalista Masoud Bastani
Masoud Bastani con la moglie Mahsa Amrabadi
e il blogger a attivista per i diritti umani Hossein Ronaghi Maleki. Quest’ultimo aveva usufruito di un permesso per ragioni mediche a causa di seri problemi ai reni e alla vescica, dopo avere scontato 32 mesi della sua condanna a 15 anni di detenzione. Bastani, che deve scontare 6 anni di pena, aveva ottenuto un periodo di congedo a marzo, in coincidenza con il capodanno persiano (il Nowruz), dopo tre anni e mezzo trascorsi in cella.
Hossein Ronaghi Maleki
Stando a quanto riporta il sito web Mizan Khabar, sono stati richiamati a Evin anche Bahareh Hedayat, attivista del movimento studentesco (9 anni e mezzo di condanna), e i giornalisti Ahmad Zeidabadi (6 anni) e Bahman Ahmadi Amouee (5 anni).
Bahman Ahmadi Amouee
Lo stesso sito afferma che, dopo la candidatura di Hashemi Rafsanjani alle elezioni presidenziali, le pressioni sugli attivisti politici sarebbero aumentate.
Bahareh Hedayat
Tutti i prigionieri politici richiamati in carcere in questi giorni vennero arrestati nei giorni o nei mesi immediatamente successivi alle elezioni del 2009.

mercoledì 22 maggio 2013

Arrestato l’ennesimo pastore cristiano in iran! adesso basta!!!

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RICEVIAMO E DIFFONDIAMO: DALL’IRAN CI E’ GIUNTA LA DISPERATA RICHIESTA DI AIUTO DELLA COMUNITA’ CRISTIANO EVANGELICA, QUOTIDINAMENTE PERSEGUITATA DAGLI AYATOLLAH. QUESTA VOLTA, NELLE MANI DEGLI SGHERRI DEL REGIME E’ FINITO IL PASTORE ROBERT ASSERIYAN, MEMBRO DELLA CHIESA EVANGELICA DELLA CAPITALE TEHERAN.
GLI AGENTI SI SONO RECATI PRIMA A CASA DEL PASTORE ASSERIYAN PER  ARRESTARLO, MA NON LO HANNO TROVATO. OVVIAMENTE, PURTROPPO, NON SI SONO FERMATI E SI SONO RECATI DIRETTAMENTE NELLA CHIESA EVANGELICA  DOVE IL PASTORE ASSERIYAN OFFRE I SUOI SERVIZI RELIGIOSI. SENZA PUDORE SONO ENTRATI NELLA CHIESA ENTRATI E HANNO IL PASTORE CRISTIANO PROPRIO MENTRE DICEVA LA MESSA.
IGNOTA LA LOCALITA’ DOVE E’ STATO TRASPORTATO. ROBERT ASSERIYAN E’ DI UN GIOVANE PASTORE EVANGELICO DI ORIGINE IRANO-ARMENA. DI PROFESSION E’ ANCHE PSICOLOGO , AUTORE DI TESTI E TRADUTTORE. NELLA CHIESA EVANGELICA DI TEHERAN OPERA COME  ANCHE COME INSEGNATE.
VI CHIEDIAMO DI DIFFONDERE LA NOTIZIA, DI DENUNCIARE E DI PROTESTARE.
BASTA CON LA PERSECUZIONE DEI CRISTIANI IN IRAN E IN TUTTO IL MONDO

mercoledì 15 maggio 2013

Prigioniero politico curdo trasferito in una località segreta: è a rischio di esecuzione


Habibollah Golparipour, un prigioniero politico curdo nel braccio della morte, è stato convocato dagli ufficiali della prigione centrale di Semnan lo scorso 9 maggio e informato del fatto che doveva prepararsi al trasferimento in una località segreta. Lo ha riferito una fonte locale a International Campaign for Human Rights in Iran. Golparipour non è stato informato delle ragioni del trasferimento.  Secondo la fonte, considerato il fatto che la condanna a morte del prigioniero politico è stata portata a termine dalla Corte Suprema, c’è la preoccupazione che la sua condanna possa essere resa esecutiva immediatamente. 
In un’intervista rilasciata a Campaign for Human Rights in Iran, un membro della famiglia di Golparipour ha confermato queste notizie e ha aggiunto che Habibollah ha chiamato la sua famiglia lo scorso 9 maggio e, durante la breve telefonata dalla prigione centrale di Semann, ha riferito che doveva fare le valigie e prepararsi a essere trasferito il 10 maggio.
La famiglia del prigioniero politico ha detto che Golparipour non conosceva le ragioni del trasferimento né il luogo e i loro tentativi di avere maggiori informazioni sulle sue condizioni sono state infruttuose. La sua famiglia non è in grado di affrontare lunghi viaggi come quello dalla loro residenza di Sanandaj nella provincia del Kurdistan a Semnan.
Le forze dell’Intelligence di Mahabad hanno arrestato Habibollah Golparipour il 27 settembre del 2007, appena fuori Mahabad e l’hanno portato nei centri di detenzione a Mahabad, Orumiyeh, and Sanandaj. Fonti vicine alla sua famiglia hanno riferito a Campaign for Human Rights in Iran che durante la detenzione è stato “soggetto alle peggiori torture fisiche e psicologiche, al punto che un braccio e una gamba sono stati rotti durante le torture”.  Il prigioniero è stato poi trasferito nella prigione di Mahabad e condannato a morte dalla sezione 1 della Corte Rivoluzionaria di Mahabad il 14 marzo del 2010, in un processo della durata di un minuto, con le accuse di “appartenenza al PJAK” il Partito della vita libera del Kurdistan
Golparipour ha iniziato il 12 maggio 2010 uno sciopero della fame di 15 giorni per protestare contro la sua condanna a morte.  Tuttavia, la sezione 31 della Corte Suprema ha confermato la sua condanna.
In una lettera aperta del marzo 2012, Habibollah Golparipour ha scritto delle torture fisiche e psicologiche che ha subito nei centri di detenzione dell’Intelligence di Orumiyeh e Mahabad.
“Nel corso della mia lunga detenzione e delle torture fisiche e psicologiche, sono quasi morto. Ho accumulato rabbia nello spiegare i dettagli e ho scritto  a varie organizzazioni governative, ma in questo paese le nostre voci non riescono nemmeno ad attraversare le celle della prigione” ha scritto Golparipour.
Secondo le fonti vicine a Habibollah Golparipuor, il prigioniere è stato trasferito alla prigione centrale di Orumiyeh il 3 dicembre del 2010 e il 15 marzo 2012 è stato brutalmente trasferito dalla prigione di Orumiyeh alla prigione centrale di Semnan, dove è stato ospitato tra i criminali comuni.

lunedì 13 maggio 2013

Iran: sei detenuti giustiziati ed un giovane di 24 anni fustigato in pubblico


Massiccia repressione e arresti di giovani e donne con l’approssimarsi delle elezioni presidenziali-farsa. Il disumano regime dei mullah ha mandato all’impiccagione pubblica tre detenuti a Kermanshah il 6 Maggio (agenzia di stampa di Stato Fars). Anche il 7 Maggio altri tre detenuti della prigione centrale di Isfahan sono stati impiccati (Unità Centrale per le News del regime). 

Nello stesso giorno, un giovane di 24 anni ha subito 110 frustate in pubblico. Gli aguzzini dei mullah lo avevano fatto sfilare nelle strade della città di Abyek in maniera umiliante prima di fustigarlo pubblicamente. Il brigadiere Ahmad Reza Radan, vice-comandante delle Forze di Sicurezza dello Stato (FSS) ha annunciato che i piani di “pubblica sicurezza” verranno implementati da metà Maggio a Tehran e in 17 altre maggiori città come Isfahan, Shiraz, Kerman e Hamadan nonché nelle provincie di Alborz, Khorassan, Mazandaran, Gilan e Golestan. 

Basandosi su questo piano repressivo, un gran numero di giovani vengono arrestati con il pretesto di combattere “la circolazione dei cani-i teppisti-i piccoli spacciatori di droga-le prostitute”. Il brigadiere Hossein Rahimi, Capo della Polizia Stradale nella Grande Tehran riguardo alla “intensificazione della lotta contro la corruzione pubblica” ha detto anche: “Secondo ordini recenti del Procuratore Generale di Tehran, in base al piano di sicurezza morale, i veicoli dei trasgressori verranno confiscati per tre settimane in aggiunta all’applicazione della legge. 

I veicoli delle donne senza velo o mal-velate, di quelli che commettono atti contro la pubblica decenza nei veicoli, di quelli che molestano le donne e le ragazze e i veicoli che causano inquinamento acustico sono passibili di questo provvedimento.” Lo scopo principale dell’intensificare le misure repressive è creare un’atmosfera di intimidazione tesa ad impedire lo scoppio del malcontento e della rabbia popolare con l’approssimarsi delle elezioni-farsa
Ristretti Orizzonti.

venerdì 10 maggio 2013

LE MANI DELL’IRAN SUL PARTITO DI ABU MAZEN ?

iran palestinesi
Dopo aver ammesso – senza remore – di aver inviato armamenti all’organizzazione terrorista Hamas, adesso l’Iran tenta di mettere tutte e due le mani nella questione palestinese, cercando di cooptare membri del partito Al Fatah, il movimento politico del Presidente Abu Mazen.
L’uomo di Teheran all’interno del Comitato Centrale di Fatah è Jibril Rajoub (60 anni), ex Capo delle forze di sicurezza dell’Autorità Nazionale Palestinese, considerato uno degli uomini più potenti all’interno di Fatah e vice Segretario del Comitato Centrale del partito di Abu Mazen.
Secondo le informazioni diffuse da Press TV – canale televisivo in lingua inglese del regime iraniano – Jibril Rajoub  avrebbe incontrato il primo maggio scorso l’Ambasciatore iraniano in Libano Ghazanfar Roknabadi, auspicando l’approfondimento delle relazioni diplomatiche tra la Repubblica Islamica e Fatah
Per parte loro, membri dell’establishment iraniano – in seguito all’incontro con il rappresentante palestinese – hanno dichiarato che “l’Iran vede come un’opportunità le divisioni all’interno di Fatah e la completa assenza di una visione del futuro”.
Come evidenziato prima, durante il recente conflitto tra Israele e Hamas, il capo dei Pasdaran Ali Jafari, ammise pubblicamente il ruolo del regime iraniano nell’invio di armamenti ad Hamas, soprattutto dei missili Fajar-5. L’organizzazione terrorista Hamas, dopo il conflitto, ringraziò pubblicamente gli Ayatollah con enormi manifesti lungo le strade di Gaza


venerdì 3 maggio 2013

Giornalisti in carcere: Siamak Ghaderi, dall’Irna all’inferno di Evin

Siamak Ghaderi
Siamak Ghaderi non era un giornalista di opposizione. Al contrario, lavorava per l’agenzia ufficiale di stato, l’IRNA (Islamic Republic News Agency). Scriveva anche sul suo blog personale, IRNA-ye Maa. Dopo le contestate elezioni presidenziali del 2009, cominciò a criticare, in quel blog, la linea tenuta dalla dirigenza dell’IRNA. Dapprima fu il suo blog ad essere oscurato in varie occasioni. Poi fu la volta del posto di lavoro. Dopo 18 anni di onorato servizio all’IRNA, Ghaderi venne licenziato. Infine, nel luglio 2010, gli agenti andarono ad arrestarlo in casa sua. Fu processato e condannato a 4 anni di detenzione e sessanta frustate per le accuse di “propaganda contro il regime”, “aver creato ansietà nel pubblico” e “pubblicazione di menzogne”.
Da quasi 3 anni Siamak Ghaderi è rinchiuso nel carcere di Evin, a Teheran, senza avere mai beneficiato di neppure un giorno di permesso, benché la legge preveda che i detenuti, dopo avere scontato almeno un terzo della pena, possano usufruire di congedi temporanei. Ma per i prigionieri politici la regola vale solo quando decidono le autorità, sicché Ghaderi, benché abbia superato da tempo il termine previsto dalla legge (e anzi ormai intraveda da lontano la fine della sua pena), non ha mai trascorso neppure 24 ore fuori da Evin.
Siamak Ghaderi è uno dei 10 prigionieri della sezione 350 che attualmente sono stati trasferiti in cella d’isolamento per punirli di non avere sostituito il loro rappresentante presso le autorità carcerarie – quello attuale, Saeed Madani, è considerato dalle stesse autorità troppo “scomodo”.
“Ho cercato di spingere per un permesso in occasione dell’ultimo Nowruz [il capodanno persiano, 21 marzo 2013] – ha detto recentemente la moglie Farzaneh Mirzavand all’International Campaign for Human Rights in Iran - ma è stato inutile. Il nostro ultimo incontro di persona risale al 2011. Nel corso di questi 3 anni sono riuscita ad incontrarlo faccia a faccia solo due o tre volte. In ogni caso non voglio insistere ancora, perché l’impressione è che queste insistenze non ottengano alcuno scopo. Prendono le loro decisioni da soli e da soli le applicano. E Siamak stesso mi dice di non darmi ulteriore pena in viaggi presso l’ufficio del procuratore: ‘Vivi la tua vita – mi dice – la maggior parte della mia pena è stata ormai scontata, mi rimane ancora poco, resisterò.”
A Siamak Ghaderi non sono vietati solo i congedi temporanei e centellinate le visite faccia a faccia: gli viene anche negato l’uso del telefono (tanto più adesso che è in isolamento).
“Non tornerò a chiedere perché mio marito sia stato illegalmente arrestato, – aggiunge Farzaneh Mirzavand – perché i suoi diritti siano stati calpestati durante il periodo degli interrogatori, e perché abbia dovuto sopportare un così lungo periodo di isolamento. Non voglio tornare al passato, ma in questi giorni la mia domanda è: perché i prigionieri di coscienza non possono avere accesso al telefono? E, considerato che ha scontato più della metà della sua pena, e che non ha precedenti penali, perché mio marito non viene rilasciato rispettando le leggi?”
“Le famiglie dei prigionieri – conclude la moglie di Ghaderi – arrivano ogni lunedì a Evin piene di speranza di poter fare al loro caro una visita di mezz’ora. Ma ogni volta si trovano di fronte nuove regole, nuovi soprusi da parte delle autorità carcerarie. E’ così ogni lunedì da tre anni. Conosco  famiglie che hanno deciso di diradare le loro visite perché è davvero faticoso e frustrante. I soprusi sono di vario tipo. Per esempio durante le festività del Nowruz ho portato mio figlio quindicenne con me in prigione, ma le guardie non gli hanno permesso di vedere il padre, perché non c’era una sua foto nel certificato di nascita. Ho pregato, ho scongiurato: ‘Solo trenta minuti, il ragazzo vuole vedere il padre solo per mezz’ora… pensate che porti con me in prigione il figlio del vicino?’”
Ma quell’incontro tra padre e figlio è stato negato, anche se era il Nowruz, il capodanno persiano.
* Presidente di Iran Human Rights Italia Onlus

mercoledì 1 maggio 2013

Il giornalista e prigioniero politico Khosro Kordpour in sciopero della fame nel carcere di Oroumiyeh




Il giornalista curdo Khosro Kordpour





Il giornalista e prigioniero politico curdo Khosro Kordpour è in sciopero della fame da 11 giorni nel carcere di Orumyieh (dove è rinchiuso da marzo scorso), per protesta contro la mancanza di chiarezza sul suo stato di detenzione e sulle accuse mosse a suo carico.
Kordpour, direttore dell’agenzia Mukrian News nel Kurdistan iraniano, si trova in prigione insieme al fratello Massoud, anche lui giornalista e come lui arrestato a marzo. Il mandato di arresto contro entrambi è stato già rinnovato per due volte, ma nessuna accusa ufficiale è stata ancora formulata contro di loro. Al tempo stesso è stato loro negato l’accesso a un avvocato, così come la possibilità di richiedere il rilascio su cauzione.
Nei giorni scorsi, dopo 45 giorni di detenzione in incommunicado, ai due fratelli è stato permesso di ricevere una visita dei familiari.

In Iran vestirsi da donna è una punizione. La protesta di femministe e uomini per l’uguaglianza.


Lo scorso 15 aprile, la polizia di Marivan ( Iran ) ha costretto un detenuto ad una punizione inedita. L’uomo, in manette e su un mezzo della polizia, è stato fatto sfilare per le strade della città vestito da donna, con gli abiti tradizionali femminili del Kurdistan.
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La punizione, invece che essere vissuta come svilente dell’uomo e portare la popolazione al dileggio, ha scatenato una forma di resistenza molto partecipata. Un’organizzazione femminista locale ( sì, le femministe esistono anche in Iran ) chiamata “Marivan Women’s Community” ha organizzato una protesta a cui hanno preso parte centinaiat di uomini e donne, per denunciare questo tipo di punizione sancita da una corte locale, prima di tutto come offensiva per le donne del Kurdistan, ma soprattutto per dire che essere una donna non è una condizione umiliante e non dovrebbe essere considerata una punizione.
Anche in rete, la popolazione si è mobilitata e in un solo giorno, la pagina del gruppo femminista che si oppone a questo tipo di punizioni ha raggiunto quasi i 4000 likes.

Nel frattempo, 17 membri del parlamento iraniano hanno firmato una lettera indirizzata al Ministro della Giustizia condannando la sentenza come “umiliante per le donne musulmane”.
In molti hanno preso parola sull’accaduto. France 24 riporta ad esempio le parole di Hiwa, che ha preso parte alle mobilitazioni contro la sentenza e che racconta
” Tra quelli che hanno protestato c’erano circa una dozzian di donne che indossavano vestiti rossi, simili a quello che il detenuto è stato obbligato ad indossare. Erano donne della “Marivan Women’s Community”  che è molto attiva nella nostra regione.
Combattono per i diritti delle donne, per esempio protestando contro il delitto d’onore. [...] Noi protestiamo spesso per i nostri diritti. Credo che questo avvenga grazie alla presenza della Marivan University, i cui studenti sono abbastanza attivi. [...] Per quanto posso ricordare, questa è la prima volta che un uomo iraniano è condannato a indossare abiti femminili. Credo che il fatto che sia avvenuto a Marivan non sia una coincidenza, ma più un tentativo di intimorire una popolazione che lotta.”
La protesta è continuata anche su internet, dove è stata lanciata una campagna  in solidarietà con la manifestazione femminista: sulla pagina facebook delle donne di “Marivan Women’s Community” e poi sul gruppo “Kurd Men for Equality” gli uomini sono stati invitati a scattarsi e inviare foto vestiti da donna. Così uomini da tutto il mondo hanno inviato le loro foto “drag” ribadendo che non c’è alcuna umiliazione nell’essere vestito da donna.
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Una coppia iraniana si scatta una foto “queer” scambiandosi i vestiti
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Un padre iraniano posa con la figlia
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Alcuni di loro lasciano anche dei commenti sulla pagina facebook dell’iniziativa, ad esempio Ala M dice
Per molti anni le donne nel mio Paese hanno combattutto fianco a fianco agli uomini, indossando anche abiti “da uomo”, lottando. Questa sera sono onorato di indossare abiti da donna e essere anche solo una piccolissima parte in questa giusta lotta della popolazione che esprime gratitudine alle donne del mio Paese
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Oggi la campagna continua, la pagina ha raggiunto i 9000 likes e sono ben accette foto da tutto il mondo.
C’è qualche maschietto italiano che non si sente umiliato dal vestirsi da donna e vuole partecipare?
In caso, basta scattarsi una foto con il vostro abito femminile preferito e mandarla a questa pagina fb, dove trovate centinaia di foto che vi faranno da ispirazione

Un blog contro il sessismo, l'omofobia e tutte le disuguaglianze di genere
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10 prigionieri politici in isolamento nel carcere di Evin. Altri 35 per solidarietà rinunciano alle visite.




















 Dieci prigionieri di coscienza detenuti nella sezione 350 del carcere di Evin sono stati trasferiti in cella d’isolamento il 28 aprile. Il motivo del provvedimento, stando a quanto riporta il sito Kalemeh sarebbero le proteste nate quando le autorità carcerarie hanno intimato ai prigionieri di togliere a Saeed Madani il ruolo di rappresentante dei prigionieri politici della sezione 350. 
I nomi dei 10 in questione: Saeed Madani, Abdollah Momeni, Khosro Delirsani, Abolfazl Abedini, Siamak Ghaderi, Mohammad Hassan Yousefpour, Saeed Abedini, Kamran Ayazi, Mohammad Ebrahimi e Pourya Ebrahimi.
Contro la richiesta delle autorità  i prigionieri della sezione 350 sono insorti pacificamente cantando e urlando slogan nell’area comune della prigione. Quando hanno cominciato a gridare “Margh bar diktator” (“Morte al dittatore”) le guardie sono state inviate nella sezione. In seguito al trasferimento in isolamento, ai 10 prigionieri politici è stato anche vietato di ricevere visite. Altri 35 prigionieri di coscienza della sezione 350, per solidarietà con loro, hanno annunciato di rinunciare a loro volta al diritto alle visite. I 10 in isolamento hanno fatto sapere che, se la misura restrittiva nei loro confronti persisterà, lanceranno uno sciopero della fame.
Il motivo che ha spinto il vice-capo guardiano di Evin a chiedere ai detenuti di rinunciare a essere rappresentati da Saeed Madani è da ricercare nelle proteste che quest’ultimo ha presentato contro il trattamento riservato ai detenuti politici nella sezione 350, contro le condizioni dell’emporio del carcere e contro le irregolarità nella sua gestione finanziaria, e nella sua richiesta di licenziamento di una guardia che aveva ripetutamente insultato i familiari dei prigionieri durante gli orari di visita.
Saeed Madani, 75 anni, attivista politico e membro del Fronte Nazionalista-religioso (“Melli Mazhabi”), ricercatore e sociologo, è stato arrestato il 2 gennaio 2012.

Fonti: Radio Zamaneh e blog di Persianbanoo